Comuni consapevoli della selezione sociale che fanno?

Gli abitanti storici di San Moritz chiedono risposte concrete alla politica per evitare l’estinzione. I costi del vivere a St. Moritz sono insostenibili per le persone normali, che non possono contare su patrimoni milionari: affitti, prezzi delle case, servizi.

Chi si lamenta oggi ha probabilmente visto già molti conoscenti trasferirsi da un’altra parte. Non per scelta, ma per necessità. E vede che se il trend continua così, tra poco sarà anche il loro turno.

Si potrebbe dire che San Moritz sia vittima del suo successo. Località turistica esclusiva, ha fondato la sua fortuna economica proprio sulla capacità di attrarre turisti facoltosi. Ma ora quel successo si sta rivelando un boomerang.

Altre località iconiche hanno subito lo stesso destino. Alcune parti della Toscana, ad esempio. La loro bellezza ha attirato l’attenzione a livello globale. Facoltosi di tutto il mondo hanno sognato di vivere quell’idillio. Hanno acquistato proprietà e hanno fatto salire i prezzi immobiliari. Hanno creato domande per nuovi servizi e a livelli qualitativi più alti. Ma questo ha reso insostenibile viverci per i suoi abitanti tradizionali. Coloro che, in fondo, avevano contribuito a renderla così bella.

Qualcuno ha dato un nome a questo fenomeno: gentrification.

Ora si potrebbe dire: sono i cicli della storia. C’è chi vince e c’è chi perde. La solita dinamica tra demos e aristoi, tra populares e oligarchi, tra ricchi e poveri.

Ma proprio perchè si tratta di un deja vu, possiamo anche immaginare come andrà a finire.

L’operazione di selezione sociale porterà effettivamente a una nuova normalità, in cui, di fatto, mancherà la classe media. Ci saranno i benestanti che possono sopportare la nuova struttura dei costi, magari anche solo come residenza di vacanza, e ci saranno quei lavoratori, necessari per portare avanti i servizi; quelli che non hanno la possibilità di fare i pendolari e, quindi, si ammasseranno in appartamenti condivisi, in soluzioni abitative arrangiate, ma ad esempio con grandi difficoltà a potersi permettere una vita famigliare serena.

Non ci sarà più un tessuto comunitario che animi la vita sociale. Ci saranno case di vacanza e servizi per turisti. Si avrà l’impressione di visitare una Disneyland, non di poter scoprire una comunità. Sarà un parco divertimenti, che alla chiusura delle attrazioni si presenta inesorabilmente vuoto. Rimane l’involucro, ma si perde la vitalità.

Qualche considerazione:

1. Magari questo percorso evolutivo è davvero inevitabile: è uno dei possibili cicli di vita di una comunità ed è frutto di un intreccio di variabili di una complessità tale da renderlo incontrollabile. Però non si può  non riconoscerlo in atto e non saperne prevedere le conseguenze. Non si può dire “Non ci saremmo mai aspettati che finisse così!”

2. Anche nella dinamica sociale, la biodiversità è un valore. Una composizione sociale variegata, seppur possa creare tensioni e incomprensioni, alla lunga permette meglio di attingere a tutte le risorse (non solo economiche) necessarie allo sviluppo di una comunità. E soprattutto ad uno sviluppo che sia davvero sostenibile.

3. Le conseguenze di domani si possono prevedere analizzando le condizioni di oggi. Per chi è attrattiva la comunità? Per chi è sostenibile vivere qui? Il patrimonio edilizio, i costi, che evoluzione stanno seguendo? E’ molto utile provare ad immedesimarsi in rappresentanti-tipo delle diverse categorie sociali e vedere come le condizioni anche più pratiche del vivere in quella comunità sono percepite e valutate. Si scoprirà così che non è del tutto vero che non si possa far nulla per evitare un destino segnato. Si potrebbe scoprire che certe conseguenze non dipendono dal caso, ma da decisioni che sono prese oggi, magari ispirate da ottime intenzioni, ma che guardano solo agli effetti di breve periodo e non a quelli di più lungo termine. Molto spesso è questione di lungimiranza.

 

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